Apertura alla cartolarizzazione dei crediti non recuperati ma nel pieno rispetto dei limiti su misure cautelari (fermi e ipoteche) ed esecutive (pignoramenti). Una puntualizzazione (attesa) sul perimetro dell’impugnabilità del ruolo e della cartella, in cui si terrà conto del fatto che non siano stati validamente notificati e si tratti del primo atto con cui il debitore venga messo a conoscenza della sua posizione verso il Fisco rispettando in questo modo le indicazioni arrivate dalla Corte costituzionale con la sentenza 190 del 2023. Le indicazioni della commissione che si occuperà dell’operazione pulizia del magazzino dei crediti non recuperati (1.206,6 miliardi allo stato attuale) dal 2000 al 2024 dovranno passare al vaglio della Conferenza unificata per valutare preventivamente l’effetto del discarico sui tributi locali. Sono alcune delle modifiche contenute nel decreto delegato della riforma della riscossione, che arriva oggi sul tavolo del Consiglio dei ministri per chiudere il suo percorso di approvazione con l’ok definitivo.
Una versione che tiene conto di alcune delle osservazioni (non vincolanti) contenute nei pareri delle commissioni parlamentari allo schema di decreto. In particolar modo di quella fortemente voluta dal presidente della commissione Finanze del Senato Massimo Garavaglia (Lega) di aprire a un’ipotesi di cartolarizzazione per gli importi oggetto di discarico automatico (si veda quanto anticipato da «Il Sole 24 Ore» del 13 giugno), ossia quelli su cui l’ente creditore potrà tentare un’altra strada per il recupero una volta che siano trascorsi cinque anni dall’affidamento senza ottenere risultati. Il tutto però con una serie di garanzie. Da un lato, infatti, c’è la necessità che il riaffidamento dei carichi per successiva cartolarizzazione avvenga a soggetti privati “qualificati”, ossia con scelti con «gara a evidenza pubblica». Quindi una piena trasparenza delle procedure che porteranno alla scelta di far rientrare i privati in gioco dopo anni di concessione pubblica della riscossione. L’obiettivo principale è quello di perseguire tutti i percorsi, in particolar modo per i carichi di importo più elevato oggetto di procedura concorsuale, in cui attualmente il potenziale giacente è di 151 miliardi e su cui il recupero anche di percentuali ridotte potrebbe rivelarsi una procedura vincente per le casse pubbliche. Dall’altro lato, dovranno comunque essere garantite tutte le limitazioni attualmente previste dalle disposizioni sulla riscossione (Dpr 602/1973), che fissano paletti ben precisi sull’utilizzo delle cosiddette “maniere forti” per le azioni di recupero del credito.
La ricerca di un (difficile) equilibrio tra l’esigenza di accelerare la riscossione e quella di consentire le adeguate difese del contribuente emerge in un intervento (anche in questo caso chiesto dai parlamentari) di rivedere i limiti alla non impugnabilità del ruolo e della cartella, introdotti alla fine del 2021. In questo caso, la scelta è quella di inserirsi nel solco indicato dalla sentenza 190/2023 della Consulta che aveva auspicato un intervento normativo di sistema.
Intervento che, invece, non ci sarà sulla richiesta avanzata dalla commissione Finanze della Camera di eliminare la possibilità di iscrivere ipoteca sulla prima casa del debitore per evitare forme di elusione con la vendita dell’immobile. Verrà invece rafforzata la partecipazione degli enti locali con la previsione che la commissione per il discarico delle vecchie cartelle acquisisca il parere della Conferenza unificata per valutare l’impatto sui tributi locali.